Ricordi e Riflessioni Realizzando “Fermo Immagine”
“…. non sono l’illustrazione di un’idea, ma al contrario è stata la loro realizzazione, a posteriori, ad avermi rivelato il concetto.” – Anselm Kiefer – L’arte sopravvivrà alle sue rovine –
di Corrado Iozzia
In questi ultimi mesi, durante la preparazione della cartella “Fermo Immagine”, che contiene le due opere grafiche “Cinquecento” e “Ballerina”, ho più volte sentito l’esigenza di approfondire la relazione che nel tempo ho instaurato con queste due immagini e con questo scritto sento il bisogno di condividerla.
Tutto ha avuto inizio nella fase di selezione dei lavori per la realizzazione delle due grafiche, la scelta ben presto è ricaduta su un’opera del 2015 dal titolo “Il Passato è Presente” e su “Ballerina” del 2014.
Mi sono reso conto di aver scelto due opere che raffigurano immagini tante volte affrontate durante il mio percorso di ricerca, ma mai totalmente decifrate.
Accettando il prezioso suggerimento della mia compagna Barbara, è arrivato il titolo per la cartella: “Fermo Immagine”, questo mi ha nuovamente stimolato a riflettere.
Fiducioso che, dalla stratificazione delle diverse interpretazioni che ne avevo dato nel tempo, sarebbe arrivato qualche segnale.
Ho deciso di raggruppare in ordine cronologico tutte le foto delle opere che ritraevano queste due immagini e a quel punto ho avuto la necessità di fermarmi e guardare indietro.
La Fiat 500
Come per tanti della mia generazione, l’incontro con la Fiat 500 risale agli anni dell’infanzia. Trattengo ancora tra i miei primi ricordi ,seppur sfuocati, quelli di un bambino che associa inconsapevolmente il benessere della propria famiglia a questo “grande giocattolo”.
Come quando nel 1976 mia madre vinse il concorso per l’insegnamento e riempimmo la nostra Fiat 500 bianca di ogni tipo di generi alimentari, per portarli in dono ai bimbi dell’allora “Orfanotrofio di Padre Gabriele” a Scicli.
Oppure durante quei viaggi da Scicli a Trapani per andare a trovare la sorella di mio padre, quando io e mio fratello Piero, comodamente seduti sui sedili posteriori ricoperti di cuscini, scoprivamo nuovi paesaggi siciliani.
Negli anni, varie Fiat 500 hanno trasportato la mia famiglia, fino all’ultima, che divenuta ormai automobile d’epoca è stata donata da mio padre a mio fratello, che dopo il restauro la rimetterà su strada.
“Cinquecento”
Conservo ancora il ricordo della prima volta in cui pensai di dipingere una Fiat 500, fu verso la prima metà degli anni 90, allora vivevo a Firenze e da qualche anno lavoravo come restauratore di dipinti.
Una sera mentre percorrevo una rinascimentale stradina della città fui incuriosito dalla vetrina di una piccola galleria d’arte che presentava una mostra collettiva. Unico soggetto, la Fiat 500.
Attratto da quelle opere decisi di visitare la mostra prima di proseguire il mio cammino verso casa.
Camminando lungo la strada continuavo a pensare a quello che avevo visto in quella galleria, i miei pensieri si mischiavano con le immagini delle opere e del contesto che mi circondava. Ad ogni passo, la mente mi riportava a quel Cinquecento Fiorentino del Rinascimento Italiano.
Fotogrammi, pensieri, emozioni e ricordi, in quella combinazione Firenze/Fiat 500/Rinascimento mi seguirono fino a quando salendo le scale di casa mi dissi: “voglio dipingere una Fiat 500!“
Non lo feci, ma quell’idea mi accompagnò fino al 2008 quando iniziai a dipingere in maniera più assidua e quella voglia divenne per me una necessità.
La prima Fiat 500 che dipinsi fu “Cinquecento Bianca”, un piccolo acrilico su multistrato, custodito oggi a Roma da una cara amica.
Di seguito nel 2009 sperimentando una miscela di acrilici e colla vinilica su multistrato arrivò “Cinquecento” con sottotitolo “La guida”.
Riguardando quei primi lavori, in qualche modo apparentemente distanti dal percorso di ricerca in cui mi trovo oggi, ne percepisco ancora nettamente l’entusiasmo e la tensione emotiva con cui li ho dipinti.
Nulla di quella passeggiata Fiorentina verso casa si è perso a livello di emozione e di necessità, ma al contrario, negli anni si sono sommati altri stimoli e nuove incognite, che sono per me quella necessaria tensione emotiva nel fare pittura.
Da allora quasi ogni anno ho dipinto una o più di quell’immagine, sempre la stessa, sempre diversa.
L’ho affrontata, studiata, divisa, cancellata, aggredita, graffiata e accarezzata. Ogni volta operando con l’inconsapevole illusione che fermandola con la pittura, magari nell’istante prima che uscisse di scena, potesse finalmente soddisfare quello stato di attesa, ed essere: guida, motore, passato e presente, per un mio personale rinascimento, sociale, culturale e artistico.
La Danza
Qualche tempo fa un caro amico mi chiese se in passato avessi avuto qualche esperienza come ballerino, con un po’ di imbarazzo mi disse che secondo lui era curiosa questa mia propensione a dipingere ballerine.
In effetti, al contrario di quello che è avvenuto per la Fiat 500, mi sono ritrovato in assenza di riferimenti nel mio passato che mi permettessero di rispondere e ricostruirne il senso.
Pensando alla mia infanzia, non ricordo momenti o sentimenti particolari legati al mondo della danza. Come poteva capitare comunemente a un bambino di un paesino nella Sicilia degli anni 70, i miei interessi erano per il calcio e i giochi di strada.
Da quella semplice domanda, ho realizzato che non dipingo ballerine o scarpine da danza come risultato di un “emozione-ricordo”, ma probabilmente come il risultato di un percorso diverso e più articolato.
“Ballerina”
Per ricostruire il rapporto che ho con l’immagine della “figura che danza” devo tornare indietro alla fase di progettazione della mostra “Scambio di Copia”, esperienza del 2012 condivisa con il “Gruppo Asterisco”.
In occasione di quel progetto, che consisteva nell’idea di confrontarsi con immagini di opere realizzate dagli altri autori del gruppo, decisi di affrontare quell’esercizio di ricerca con delle immagini di opere realizzate da Francesco Rinzivillo.
Il senso del progetto, unito alla complicazione di trovarsi di fronte ad un’opera non propria, con un linguaggio pittorico diverso, da dover assorbire, rielaborare, scomporre e rispettare, divenne per me una sfida.
La sintesi e il concetto di liberazione dai limiti, che le immagini di Francesco mi suggerivano, mi spinsero ad allentare quel legame con il realismo, che fino a quel momento, governava la mia modesta ricerca pittorica.
Lo studio di quelle immagini e di altre simili mi consentì d’iniziare, allora in maniera inconsapevole, un percorso di analisi dei miei limiti (tuttora presenti) legati alla figurazione.
Contemporaneamente quello studio stimolò in me la curiosità verso la ricerca di un equilibrio tra forma e materia.
All’interno di quella ricerca, l’immagine di un corpo sospeso come in un’istantanea, negli anni mi ha suggerito una riflessione sul tempo. Il tempo della pittura!
Come una ballerina che danza su un limite, diventa scambio, farfalla, sta sulle punte, attraversa il sogno, il limite e il tempo, s’immagina libera e leggera, ricordandomi che il tempo come la pittura sono per me sostanzialmente strumenti di introspezione.
Ripensando alla citazione di Anselm Kiefer “…. non sono l’illustrazione di un’idea, ma al contrario è stata la loro realizzazione, a posteriori, ad avermi rivelato il concetto.” , oggi più che mai mi rendo conto che nel tempo, di fronte ad un’opera prodotta, sono io il primo a dover decifrare nuove emozioni e stati d’animo….. o forse no?